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Normativa comunità energetiche: le ultime novità tra Italia ed Europa

normativa comunità energetiche
19
Gen 2022

La normativa sulle comunità energetiche è in rapida evoluzione e, considerato l’interesse generato dall’argomento, è normale attendersi nuove scosse di assestamento nei prossimi mesi. Lo scenario legislativo, tuttavia, inizia a essere ben delineato in Europa come Italia, e una cosa è certa: le comunità energetiche sono il futuro dell’energia prodotta in loco da fonti rinnovabili e condivisa grazie alla smart grid, la rete elettrica digitalizzata che consentirà a tutti di condividere l’energia prodotta.   

Normativa comunità energetiche in Italia: le ultime novità 

Il cammino a ritroso sulla normativa delle comunità energetiche in Italia parte dal Decreto MISE 15 settembre 2020 firmato dal Ministro Stefano Patuanelli. Oggetto: gli incentivi per le comunità energetiche e i gruppi di autoconsumo collettivi, che sono micro-comunità energetiche composte da almeno due autoconsumatori di energia residenti nello stesso edificio o condominio. Tale decreto stabilisce che l’importo incentivante dipende dall’energia condivisa tra gli utenti.   

Ma cosa si intende per energia condivisa? Semplificando il contenuto della normativa, pensiamo a un contatore che rileva la quantità di energia elettrica prodotta dalla comunità e a un altro contatore che calcola l’energia immessa nella rete pubblica (perché tutta l’energia deve essere riversata nella rete prima di essere prelevata): l’energia condivisa è data dal minimo tra la somma dell’energia immessa e la somma dell’energia prelevata, ora per ora.   

Gli incentivi nel Decreto MISE per le comunità energetiche

Energia immessa ed energia immessa e condivisa. Posto che, come abbiamo detto, tutta l’energia elettrica prodotta deve essere immessa nella rete pubblica prima del prelievo, il meccanismo prevede che tale energia venga ceduta tramite il ritiro dedicato del GSE secondo i criteri della vendita al mercato, a un prezzo medio che è di 50 euro per ogni MWh. Posto questo, l’incentivo introdotto dalla normativa riguarda l’energia effettivamente condivisa ed è dato dalla somma tra una tariffa incentivante MISE (100 euro/MWh per i gruppi di autoconsumo collettivo e 110 euro MW/h per le comunità energetiche) e il rimborso per minori costi di sistema (definito da ARERA, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) che è di 9 euro MW/h. 

Nella pratica, il Decreto MISE 15 settembre 2020 ha di fatto introdotto un incentivo piuttosto sostanzioso per la quota di energia autoprodotta e condivisa: 109 euro/MWh per i gruppi di autoconsumo collettivo e 119 euro/MWh per le comunità energetiche. Che sommati al ritiro dedicato o alla vendita al mercato (come abbiamo detto, il prezzo è mediamente di 50 euro/MWh) significano un risparmio di 169 euro MW/h per le comunità energetiche e di 159 euro/MWh per gruppi di autoconsumo. 

La normativa italiana sulle comunità energetiche

A monte del Decreto MISE c’è l’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe del 30 dicembre 2019 n.ro 162 (convertito nella legge 8/2020 del 29 febbraio 2020), che di fatto rappresenta l’attuale regolamentazione normativa italiana in tema di comunità energetiche. Il documento costituisce un punto di riferimento perché, oltre a stabilire il perimetro delle nuove entità che potranno beneficiare degli incentivi, consolida il concetto di comunità energetica: una coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione a un contratto, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso un impianto energetico locale (la descrizione è dell’ENEA).  

Lo scopo di una comunità energetica, alla luce della normativa, deve essere quello di promuovere l’autoconsumo istantaneo di energia pulita prodotta in loco, anche se ciò non deve rappresentare la principale fonte di reddito per i prosumer, produttori e consumatori, che cedono l’energia. Utenti di tutti i tipi possono partecipare alla comunità energetica, a patto che i punti di immissione e di prelievo siano collegati alla rete elettrica esistente e alla stessa cabina di trasformazione MT/MB.  

Dal poter essere membri della comunità sono escluse soltanto le aziende energetiche, che invece sono chiamate a collaborare per offrire infrastrutture e servizi. Un altro limite stabilito dalla normativa attuale riguarda la capacità degli impianti, che devono avere una potenza complessiva inferiore a 200kW (inferiore a 100kW quella degli impianti singoli). Inevitabilmente, questi requisiti rappresentano anche una barriera allo sviluppo delle comunità energetiche, motivo per cui sono oggetto di critica. 

La normativa europea 

Fonte ispiratrice dell’articolo 42-bis inserito nel Decreto Milleproroghe è la Direttiva Europea n.ro 2001 del 11/12/2018 in materia di fonti energetiche rinnovabili FER, un documento noto anche come FER II. Lo scenario è quello di un pensiero comune europeo orientato alla decarbonizzazione con azioni di supporto alle forme di autoproduzione e autoconsumo di energia elettrica.   

In Europa esistono esempi consolidati di comunità energetiche già da diversi anni. In Germania, il Bioenergy Village Jühnde è stato inaugurato nel 2004, in UK e in Scozia ci sono esperienze iniziate nel 2015 e nel 2016. In Spagna, Grecia e Francia ce ne sono diverse. Anche in Italia esistono esempi di comunità energetica iniziati molto prima che la definizione entrasse nel linguaggio comune. Basti pensare a quelle di Funes in Alto Adige o di Prato allo Stelvio in Lombardia, nate addirittura negli anni ’20 del secolo scorso utilizzando energia idroelettrica prodotta dai corsi d’acqua. Oggi, grazie ai progressi della tecnologia del fotovoltaico in particolare e alle condizioni climatiche, l’Italia si può candidare a guidare la transizione verso l’energia pulita rinnovabile attraverso le comunità energetiche.

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